Profile view of young John McEnroe in a speaking pose.
  • Il brand di ogni atleta

La voce degli atleti

  • 12/07/2022

Di Adam Bradley

Passi che tambureggiano sul tartan di una pista di atletica. Suole che stridono sul parquet lucido di un campo da basket. Palline giallo fluo che schioccano sul nylon delle corde di una racchetta da tennis. Sono questi i suoni di 50 anni di Nike? Anche, perché Nike suonerà sempre e comunque come la voce dei suoi atleti. Nei primi anni, potevi distinguere con chiarezza le voci di Steve Prefontaine, Joan Benoit Samuelson e George "The Iceman" Gervin. Nel corso dei decenni si sono poi aggiunte quelle di John McEnroe, Bo Jackson e Michael Jeffrey Jordan, e poi Tiger, Serena, LeBron, Ronaldo, Mbappé, Naomi. Tutte insieme, hanno dato vita a un coro armonico di voci unite ma ben distinte. 

Nike ascolta i suoi atleti e le sue atlete. "Per noi ascoltare i nostri atleti è fondamentale", sostiene John Slusher, vicepresidente esecutivo del settore Global Sports Marketing dell'azienda. Lui stesso, insieme al suo team, dedica moltissimo tempo a soddisfare, se non addirittura ad anticipare, le loro esigenze. Una star WNBA in ascesa come Sabrina Ionescu potrebbe avere necessità diverse rispetto a quelle di un'atleta del calibro di Diana Taurasi, con 18 anni di carriera alle spalle. Può trattarsi di mentoring aziendale, oppure di provare scarpe personalizzate presso lo Sports Research Lab. La maggior parte degli atleti apprezza senz'altro un massaggio terapeutico, ma per una mezzofondista come Shalane Flanagan un massaggio termico può davvero fare la differenza tra una qualificazione in finale o andare a casa.


"Per noi ascoltare i nostri atleti e le nostre atlete è fondamentale."

John Slusher, EVP di Global Sports Marketing
Illustration of a cycle diagram displaying a heart, pointing to an ear, pointing to a book, pointing to a shoe, pointing back to the heart, with a Nike Swoosh in the center.

Proprio così, Nike ascolta. E ascoltando impariamo. Impariamo a migliorare le prestazioni, a migliorare come azienda e a soddisfare le richieste specifiche del momento. Più impariamo, più cresciamo. E i nostri prodotti migliorano di pari passo con le nostre pratiche aziendali. Sosteniamo gli atleti che si schierano in nome della giustizia sociale e diamo un ruolo centrale alla voce delle donne, sia nel mondo dello sport che in quello del lavoro. Insieme alla crescita arriva anche l'impegno, frutto di un profondo investimento nelle persone e nei principi che definiscono l'azienda. Questa visione ha dato origine a un legame speciale tra Nike e i suoi atleti. Slusher, quando assiste a un grande evento sportivo, il più delle volte non nasconde la tensione. E ammette: "Per me è difficile stare a guardare due squadre o atleti Nike che giocano su fronti opposti, devo quasi distogliere lo sguardo. Mi succede con Nike in generale e con tutte le nostre squadre: amiamo i nostri atleti e i nostri sport".

Nel corso degli anni, gli atleti e le atlete Nike hanno dimostrato quanto questo sentimento sia corrisposto. Dopo una festa di compleanno durata fino all'alba, la leggenda dei New York Yankees Derek Jeter ha partecipato a un evento con i più importanti rivenditori Nike perché sapeva quanto la sua presenza fosse importante per l'azienda. Poi c'è stato Kobe Bryant. Slusher ricorda che partecipò in un solo anno a ben 92 eventi Nike, nonostante la sua presenza fosse richiesta solo per otto eventi.  Forse è proprio questo quello a cui le persone pensano quando si parla della famiglia Nike. Forse è il motivo per cui durante i grandi eventi sportivi si respira un'aria familiare, con gli atleti più anziani che accolgono nel gruppo quelli più giovani. Durante un lungo fine settimana di febbraio, ad esempio, alcune leggende Nike del football americano trovarono il tempo di registrare un messaggio di benvenuto per i nuovi partner del brand. L'incoraggiamento di campioni come Barry Sanders o Jerry Rice deve essere sembrato un sogno che si avverava per questi giovani atleti appena usciti dal college. Spesso, in Nike, questi sogni segnano l'inizio di altri. 

"Consideriamo i nostri atleti una parte integrante della famiglia Nike e vogliamo essere al loro fianco per aiutarli a raggiungere i loro obiettivi", spiega Slusher. La metafora della famiglia ricorre spesso nel mondo del business, ma è raro che si concretizzi nei fatti. Le grandi aziende promuovono facilmente i valori dell'unità e dello stare insieme, senza però poi assumersi le responsabilità che derivano da questo spirito familiare. Come spiega Barry Sanders, "Nike ha capito che non deve limitarsi a supportare gli atleti nei loro sport, ma anche fuori dal campo. Ha costruito rapporti e partnership molto solidi con i suoi atleti". Certo, Nike sostiene i suoi atleti, ma il sostegno è reciproco: "Quando le cose vanno come devono andare, e sai di poter contare su di loro quanto loro su di te, il rapporto è perfetto", aggiunge Jerry Rice.

Il percorso di Alex Morgan in Nike rispecchia perfettamente lo spirito di famiglia descritto da Sanders e Rice. Quando Morgan aveva sette anni, lei e due sue amiche decidono di fondare un club Nike tutto loro. Si ritrovavano nel cortile sul retro di casa Morgan a Diamond Bar, in California, in una casetta bianca con Swoosh disegnati a mano libera sulle pareti. "Per il logo Nike abbiamo fatto del nostro meglio, volevamo fosse perfetto", ricorda Morgan. "Da allora sono una grandissima fan del brand". Dopo un'incredibile carriera calcistica durante il college, Morgan è diventata una giocatrice professionista ed è entrata a far parte della famiglia Nike. "Firmare il mio primo contratto con Nike è stato un sogno divenuto realtà", racconta l'atleta. Era il 2011. "E da allora, abbiamo vissuto insieme questa grande avventura". Un percorso che ha portato Morgan a vincere due coppe del mondo, un oro olimpico e a poter vantare una carriera calcistica da vera leggenda.

Ma il suo ricordo più bello da atleta Nike non è legato al campo di calcio. Nel 2019, Morgan interrompe l'attività agonistica perché in dolce attesa. Per una felice coincidenza, nello stesso anno Nike lancia la sua collezione per la maternità. "Mi hanno dato uno dei primissimi prototipi", ricorda la calciatrice. Con i suoi nuovi capi Nike, ha potuto continuare a muoversi in totale comfort e libertà, e a sentirsi forte e sicura. "È stato fantastico sentirmi sostenuta, non solo in campo ma anche nei panni di futura mamma", afferma la campionessa. Ora lei e la sua bambina sfoggiano scarpe Jordan coordinate. La famiglia Nike continua a crescere.

"Nike ha capito che non deve limitarsi a supportare gli atleti nei loro sport, ma anche fuori dal campo. Ha costruito rapporti e partnership molto solidi con i suoi atleti."

Barry Sanders, Running Back NFL e Hall of Famer

In una rara intervista rilasciata all'Harvard Business Review nel 1992, Phil Knight, il fondatore di Nike oggi ottantaseienne, spiegava cosa l'azienda cercasse nei suoi partner. "Il trucco è ingaggiare atleti che non solo riescono a vincere, ma anche a emozionare". Ed è proprio questo che Nike ha fatto con costanza negli ultimi 50 anni, da Andre Agassi a Charles Barkley, Emma Raducanu e Ja Morant. Una volta trovati gli atleti, Nike punta a crescere insieme a loro. "Ci prendiamo il tempo di capire i nostri atleti perché dobbiamo costruire con loro un rapporto duraturo", spiegava Knight. "Questo tipo di legame va al di là di qualsiasi accordo economico. John McEnroe e Joan Benoit hanno ai piedi le nostre scarpe tutti i giorni, anche se non è richiesto dal loro contratto. Noi apprezziamo i nostri atleti, e il sentimento è reciproco. Quindi siamo sia ai loro piedi che nei loro cuori".

Questa idea di conquistare cuori e piedi riassume perfettamente lo spirito di Nike. È stato così fin dagli inizi, da quando Nike annoverava tra le sue fila solo un coach dell'Università dell'Oregon, Bill Bowerman, e il suo atleta, Knight. Sebbene l'azienda, proprio come la scena sportiva, si sia evoluta nell'arco di questi ultimi 50 anni, la sua essenza rimane la stessa. "Siamo indubbiamente cambiati molto, ma siamo partiti con gli atleti migliori che avevano le storie migliori, a cui abbiamo fatto indossare il prodotto migliore e vincevano", spiega Slusher. Phil aveva un'idea ben precisa: "Fai indossare le scarpe all'atleta che vincerà la maratona. In un certo senso, è così ancora oggi. Il discorso è senz'altro più articolato e complesso, ma noi nel frattempo continuiamo a fare squadra con i più grandi per aiutarli a dare il massimo".

Nike celebra inoltre i suoi atleti dando i loro nomi agli edifici del suo campus di Beaverton, in Oregon. "Gli edifici portano il nome di uomini e donne che ci hanno dato molto più che il loro nome e il loro appoggio", racconta Knight nella sua biografia del 2016, L'arte della vittoria. "Joan Benoit Samuelson, Ken Griffey Jr., Mia Hamm, Tiger Woods, Dan Fouts, Jerry Rice, Steve Prefontaine hanno contribuito a plasmare la nostra identità".

"Dare agli edifici il nome degli atleti è un'idea straordinaria", afferma John McEnroe, il cui nome svetta su uno dei palazzi del campus. Dopo 44 anni e sette slam, McEnroe continua a essere l'atleta che fa parte della famiglia Nike da più tempo. Questo storico rapporto tra il campione di tennis e Nike è una testimonianza di quanto l'azienda si distingua nel modo di considerare i suoi atleti. Molto probabilmente, neanche Knight conosce il numero esatto degli atleti che hanno contribuito a fare la storia di Nike in questi 50 anni, forse perché l'azienda gestisce in media quasi 16.000 atleti e organizzazioni a livello globale. Di recente, Forbes ha riportato che oltre la metà dei 100 atleti più pagati al mondo faceva parte della famiglia Nike. Nike è il brand dei campioni e delle campionesse.

Champion. Noun: A person who has defeated or surpassed all rivals in a competition, especially in sports. Verb: To support the cause of.

Si può scrivere la storia dei primi 50 anni di Nike attraverso i suoi campioni, il cui impegno per raggiungere l'eccellenza li ha aiutati a ottenere i massimi riconoscimenti nel loro sport. LeBron James e Serena Williams, Giannis Antetokounmpo e Naomi Osaka, Rafa Nadal e Sam Kerr, solo per citarne alcuni. Il termine campioni ci fa capire la portata delle loro imprese. E come azienda, Nike si impegna a supportare attivamente la causa dei suoi atleti, i suoi campioni. In una lettera commemorativa per il 50° anniversario di Nike, Phil Knight ha chiarito questa filosofia: "Fin dal primo giorno abbiamo sempre cercato di far emergere il potenziale di ogni atleta del mondo".

Come si sostengono le cause dei campioni? Chiedetelo a Jerry Rice, tre volte vincitore del Super Bowl, e vi risponderà che parte tutto dall'avere i prodotti migliori e più belli. "È tutta una questione di stile, poter sfoggiare lo Swoosh Nike", ammette il campione con indosso una t-shirt Nike con lo Swoosh sul petto. "Ricordo che dovevo ingegnarmi per avvolgere il nastro intorno alle scarpe così che il logo Nike fosse in bella vista. Per il solo fatto di avere lì quel logo, sapevo che quel giorno avrei fatto qualcosa di grande".

Quando gli è stato domandato cosa avrebbero messo in una capsula del tempo per commemorare il 50° anniversario di Nike, diversi atleti hanno citato le iconiche campagne pubblicitarie con Michael Jordan di fine anni '80 e inizio anni '90, e più precisamente lo spot del 1989 diretto da Spike Lee, in cui il regista vestiva i panni di Mars Blackmon mentre ripeteva il tormentone "It’s gotta be the shoes!" (il merito è delle scarpe).

Quella frase ha fatto storia. Durante una recente visita al campus Nike, al campione NBA in carica, Giannis Antetokounmpo, è stato chiesto cosa gli venisse in mente quando pensava a Nike. La sua risposta è stata immediata. "Le scarpe. E per essere precisi, le scarpe gratis! Quelle che mi arrivano a casa", ha detto, abbozzando il suo sorrisetto beffardo ben noto a chi conosce l'indole scherzosa di uno degli atleti più competitivi in circolazione. Poi, con la stessa prontezza, la sua voce si è fatta sincera e ponderata. Che cos'è che Nike gli fa venire in mente? "La cultura che hanno costruito nel corso degli anni", spiega. "Quando penso a Nike, penso agli atleti che hanno fatto parte della sua storia".

"Quando penso a Nike, penso agli atleti che hanno fatto parte della sua storia."

Giannis Antetokounmpo, campione NBA e 2 volte MVP

Barry Sanders ha avuto un ruolo di primo piano nella storia di Nike, così come Nike lo ha avuto nella sua. Nell'arco della sua carriera, il campione di football americano è stato molto generoso con i compagni di squadra, donando loro Rolex e TV maxischermo. Con se stesso, invece, era più sobrio. Quando non giocava, di solito vestiva Nike dalla testa ai piedi. Perché mai pagare i vestiti quando Nike te li regalava? E poi sfoggiare lo Swoosh era motivo di orgoglio. "Era un sigillo di approvazione", ricorda oggi Sanders quando parla della sua decisione di firmare con Nike. "Sono uno di loro".

Storicamente molti di "loro" sono state donne. Non a caso, Nike continua a sostenere gli sport femminili e a dedicare sempre più attenzione alle consumatrici. "È stato fantastico poter fare brainstorming con Nike e ritrovarsi in una stanza insieme a persone che sanno esattamente dove vogliono arrivare", afferma Alex Morgan. "È bello ascoltare il punto di vista degli atleti quando possono essere davvero se stessi nel dare il loro contributo". Qualche mese fa, Nike ha reso formale l'abitudine informale di consultare gli atleti, inaugurando il suo Athlete Think Tank, con l'obiettivo di investire nel futuro degli sport femminili. Tra i 13 membri fondatori c'è Serena Williams, che con la sua visione e il suo appoggio ha dato un contribuito fondamentale al progetto. "Credo che probabilmente Nike abbia imparato molto da me e dal mio team", afferma Williams. "Credo di averli aiutati a diventare più reattivi e spontanei". Anche lei ha senza dubbio imparato qualcosa da Nike, ovvero come pianificare gli obiettivi a lungo termine per puntare al successo. A 26 anni, la star del tennis spagnola Paula Badosa ha la metà degli anni di Nike, ma ne ha già compreso lo spirito. "I nostri sogni di atleti diventano i loro sogni", spiega la campionessa. Riecheggia la voce dell'atleta.

"Credo che probabilmente Nike abbia imparato molto da me e dal mio team. Credo di averli aiutati a diventare più reattivi e spontanei."

Serena Williams, campionessa di tennis

La voce stessa è un'atleta. Il suono che sentiamo lo dobbiamo alla coordinazione volontaria e involontaria di polmoni e muscoli addominali, corde vocali e laringe, lingua e denti. Non dovrebbe quindi sorprendere che chi ha dedicato la propria vita ad allenare il corpo per ottenere i massimi risultati nello sport abbia forza anche nella voce. A'ja Wilson, campionessa universitaria, MVP della WNBA e tre volte All Star, titoli conquistati ancor prima di compiere 26 anni, è perfettamente conscia dell'importanza del suo ruolo nel "dare voce a chi non ha voce", ha spiegato. Dopo alcuni mesi dall'uccisione di Breonna Taylor, una donna nera di 26 anni di Louisville, in Kentucky, avvenuta durante una sparatoria per una perquisizione nel suo appartamento, la campionessa ha sfruttato la propria celebrità in ambito sportivo per dire la sua. Rivolgendosi ai media il 24 settembre 2020, il giorno dopo aver scoperto che nessuno dei poliziotti coinvolti nella morte di Taylor sarebbe stato incriminato, e prima che le Las Vegas Aces affrontassero le Connecticut Sun nella gara 3 delle semifinali, Wilson ha fatto sentire la propria voce, mossa dallo spirito delle sue convinzioni. "Black Lives Matter non è un qualcosa per fare soldi", ha dichiarato la giocatrice. "È un'affermazione. È la vita che vivo. Sono una donna nera. Portatemi via tutto ciò che ho conquistato e resto quella che sono, una donna nera".

Wilson sa che Nike sostiene lei e la sua libertà di espressione. Ma soprattutto sa che Nike le offre un mezzo per amplificare la propria voce, farla arrivare lontano e più nel profondo. "Nike è straordinaria, ci aiuta a raccontare le nostre storie nel modo in cui vogliamo che vengano raccontate", afferma la cestista. "Basta che tu sia tu. Al resto ci pensano loro. Apprezzo molto questo aspetto e sono certa che sia così anche per altri atleti".

"I nostri sogni di atleti diventano i loro sogni."

Paula Badosa, tennista spagnola
Illustration of an asterisk.

Per Nike, se hai un corpo, sei un atleta.* E questa non è semplice retorica, ma una realtà che ispira. È una filosofia che senza dubbio rispecchia le grandi ambizioni commerciali dell'azienda, ma a un livello più profondo riflette anche la visione di un servizio che ambisce a raggiungere tutti. Ho chiesto alle mie due figlie di 8 e 11 anni che cosa significa per loro indossare lo Swoosh, e la loro risposta ricorda molto quella degli atleti Nike. Si sentono più veloci, più sicure. Si sentono semplicemente a proprio agio. "Senti, papà: è cool e basta", mi ha risposto la maggiore con tono quasi esasperato. Jerry Rice, Mia Hamm, Ada Hegerberg ed Eliud Kipchoge concordano tutti nel dire che Nike i suoi 50 li porta benissimo.

Lo slogan di Nike per il 50° anniversario è breve e d'impatto: "Never Done". In questo senso, somiglia a "Just Do It", il più famoso del brand. John McEnroe ricorda quando un dirigente Nike, più di 30 anni fa, gli aveva chiesto un parere su quell'iconica frase. "È orribile! Non funzionerà mai". "Oggi possiamo tranquillamente dire che mi sbagliavo", ammette McEnroe con un'eloquente alzata di spalle. Gli propongo il nuovo slogan ora e lui fa un cenno di approvazione col capo. "Niente male", mi dice. "Perché mi fa pensare che Nike, dopo questi primi 50 anni, voglia essere ancora protagonista per altri 50".

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